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Doppiaggio: come e perchéI doppiatori italiani

Il doppiatore è un attore?

Cosa cambia tra un attore di doppiaggio e uno di cinema o teatro?
Dato che il nostro settore è poco conosciuto e quindi ancor meno capito, si pensa che il doppiatore non sia un attore effettivo perché non lo si vede, ma ciò è un errore interpretativo.
Così come esistono gli attori di teatro, cinema e TV, c’è anche l’attore del doppiaggio e da quasi un secolo ormai.
Nessuno si sogna di dire ad un famoso teatrante: “Non sei un attore perché non appari in TV e al cinema!”, come nessuno direbbe mai ad un attore di cinema e TV: “Non sei un attore perché non ti vedo mai a teatro!”.
Veniamo quasi tutti dal teatro, ma spesso ci fermiamo per varie ragioni ad uno specifico ramo recitativo.
Eccezione fanno quei doppiatori cresciuti direttamente nel doppiaggio e che vi rimangono stabilmente.
Questo tuttavia non deve dare l’idea errata che siano meno attori. Crescere intimamente con la recitazione in sala di doppiaggio procura comunque le giuste attitudini per poi apprendere rapidamente gli eventuali segreti di cinema e teatro là dove si vogliano ampliare le proprie competenze.
Figurarsi che un doppiatore è generalmente un frequentatore di corsi di canto e musica, elementi che accompagnano in vari aspetti le capacità vocali in sala di doppiaggio.
Tutto ciò non toglie nulla alla professionalità di ogni attore qui in esame, perché ciascuno nella propria categoria è e rimane comunque attore.
Il metro di giudizio non è mai uno solo.
La figura dell’attore ha conosciuto vari stati evolutivi e più forme di espressione:

  • fino all’800 esisteva solo l’attore di teatro;
  • poi con la nascita del cinematografo è arrivato l’attore del grande schermo per il film muto;
  • con l’invenzione del sonoro dei film è nato il doppiaggio, principalmente per i titoli stranieri.

In fatto di voce noi doppiatori abbiamo una marcia in più rispetto ad un collega attore di solo cinema o teatro.
Il doppiatore, dato che nelle sue interpretazioni in sala accompagna la voce con la mimica del volto, sa comunque cavarsela su un set o un palcoscenico, non al meglio evidentemente, ma di sicuro più di quanto un collega di cinema e teatro possa fare in sala di registrazione.
Un doppiatore catapultato improvvisamente sul set o sul palco fa comunque la sua piccola figura, anche se non conosce pienamente il rapporto con l’ambiente attorno e l’interazione settoriale con i colleghi, visto che in sala di doppiaggio occorre restare fermi.
Sul set si aggiungono dettagli come: fare attenzione a guardare gli altri attori, non guardare la telecamera, fissare un punto preciso, ecc…
Mentre a teatro la voce va portata quanto possibile per raggiungere anche lo spettatore più lontano dal palcoscenico, cosa evidentemente opposta al doppiaggio che si svolge con i delicati rapporti acustici col microfono, il fiato, iritmi imposti dal film da doppiare, etc….
Il punto che vogliamo centrare è che il bagaglio vocale del doppiatore torna utile anche sul set e sul palco, mentre le peculiarità di cinema e teatro non portano nulla di prettamente nuovo e funzionale all’arte recitativa del doppiaggio.
Ciò ovviamente non toglie nulla ad alcun settore in esame, ma semplicemente spiega ancora di più le utili potenzialità del doppiatore.
Un attore di solo cinema o teatro, ritrovandosi in studio di doppiaggio, assai difficilmente soddisferà le aspettative del film a cui presta la voce.
La cosa si accentua nel caso di un film italiano in cui l’attore doppia sé stesso.
Qui l’attore (non anche doppiatore), poiché privo della tecnica del doppiaggio, finisce per rovinare quel poco che la sua recitazione in presa diretta già un po’ perde.
Le possibilità che vi riesca, soprattutto alla pari di noi professionisti, sono poche, tanto che, salvo eccezioni, solo i grandi maestri come Gigi Proietti sono in grado di riuscirci.
Questo lo si può riscontrare facilmente in quei film o cartoni animati dove i protagonisti hanno la voce di un famoso attore di cinema o anche di un presentatore televisivo, il quale è spesso privo della vera dizione e i giusti toni, salvo i casi di colleghi come Neri Marcorè o Pino Insegno, oppure quelli in cui la cosa è richiesta da una voluta caratterizzazione del personaggio.

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