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Doppiaggio: come e perché

Pregiudizi e luoghi comuni sul doppiaggio

“Pregiudizi” e “luoghi comuni” sono parole tanto complesse quanto facili da pronunciare, soprattutto facilissime da applicare, ancor più in questa era del web, con internet che per sua natura permette il giudizio ad oltranza di tutti contro tutti.

Viviamo in un oceano in tempesta di informazioni sempre più basate sul sentito dire a causa della distanza fisica imposta dal mondo virtuale.

Oltretutto, il web diventa tal volta una polveriera di malumori e malizie, frutto di frustrazioni esistenziali personali sfogate a ruota libera, ma che senza moderazione possono ferire la sensibilità altrui e perfino arrecare danni.

In una società in cui troppi diritti del cittadino sono maltrattati, ci si sfoga là dov’è materialmente possibile: principalmente nel web.

E’ umanamente comprensibile e a volte lecito (dipende dal caso), ma di fatto a volte non è tollerabile, non quando si svia dal giusto contesto.

A tale scopo, di tanto in tanto occorre un vigile urbano virtuale che smisti un po’ il traffico disordinato affinché non si verifichino ingorghi o incidenti.

Si sa che la massa, se lasciata a briglie sciolte, causerà problemi e si farà male anche da sé stessa.

Basti vedere cosa accade ai concerti, quando spesso ci si accalca senza controllo gli uni sugli altri finendo perfino per uccidere qualcuno.

Idem in caso di panico dovuto ad un incendio e simili.

Lo stesso avviene con le idee nel web, anche di più.

In una democrazia occorre sempre un organo moderatore, o le masse si faranno sopraffare dalla scia emozionale del momento.

Come in ogni cosa, invece, siamo chiamati ad usare tatto e civismo, sempre dopo attenta riflessione basata su studio e confronto, sempre con il desiderio di risolvere e non di complicare, sempre con un atteggiamento umile e coerente.

Spesso la controparte ci esaspera e siamo così tentati di lasciarci andare, ma ciò non sarebbe degno di noi.

In ogni cosa, poi, non dimentichiamo, va applicato quel rispetto in genere saggiamente impartitoci in famiglia (almeno si spera).

Da escludere a priori sono le critiche mosse senza tregua e condite di volgarità e banalità, poiché rappresentano né più né meno una perdita di tempo per tutti, chiacchiere di chi avrà sempre da ridire su qualsiasi cosa in ogni tempo.

Le critiche rispettabili sono quelle fatte con educazione e ragionevolezza, coerenza e buona misura.

Premesso ciò, va detto che il doppiaggio, come ogni arte, riceve critiche sia negative che positive, tra le quali le ultime fortunatamente sono le più numerose.

Precisiamo che il doppiaggio per sua natura è un po’ un’isola “felice” rispetto al resto del mondo dello spettacolo, perché, essendo stato a lungo all’ombra del cinema, è un settore rimasto meglio preservato dai talenti improvvisati, ragion per cui va valutato con canoni un po’ diversi.

I pregiudizi verso gli attori del doppiaggio (perché i doppiatori sono attori) sono tra i più comuni, un po’ per il loro lavoro che li espone rapidamente al pubblico e un po’ per il prestigio della loro attività che in ogni tempo provoca non solo ammirazione, ma anche invidia e conseguente maldicenza.

E’ un po’ la versione adulta di quanto accadeva in piccolo ai tempi della scuola, quando il bambino studioso, comodamente etichettato come “secchione”, finiva spesso oggetto di derisioni e dispetti dei compagni di classe più maligni e solitamente fannulloni.

Se questi comportamenti non si disciplinano nella crescita, li ritroviamo fra noi adulti, anche qui nel web quindi; l’atteggiamento di chi da piccolo impiastricciava continuamente il banco e la sedia di scritte e disegni (spesso inopportuni) e che ora è il passante che getta sul marciapiede la cartaccia, lo stesso che poi trattiene il resto di un cassiere distratto e abusa dei posti per invalidi, proprio lo stesso che ora nel web critica aspramente e ad oltranza i doppiatori e tutti i professionisti più “fortunati” di lui, facendo uso di linguaggi sconci e tal volta blasfemi.

Un secondo genere di critica negativa viene invece da un soggetto in apparenza opposto al precedente, quindi da sempre educato e relativamente colto, che non si abbassa al livello dell’ottuso della strada, ma che, pur con linguaggio forbito, lancia strali ovunque per sentirsi meglio con sé stesso nell’immediato.

Questo secondo critico è il tipo represso, sostanzialmente un ipocrita che non si conduce a modo per senso civico, ma per mostrarsi agli altri come un implicito esempio che così rimane pura manifestazione di composta arroganza, per convenienze personali che possono variare da soggetto a soggetto, a volte per giustificare poi le incoerenze che, ad attenta osservazione, presto o tardi dimostreranno uno spirito diverso da quanto affermato a parole.

Ovviamente sussiste la critica costruttiva, bontà nostra, che può sì differire dalle idee altrui, ma sempre con rispetto e atteggiamento di studio al fine di imparare ed apportare qualcosa di comunemente utile.

Solitamente questa terza categoria di critica rispecchia un soggetto che da piccolo a scuola non era forse un genio e nemmeno un fannullone, bensì un bambino in armonioso equilibrio tra lo studio e il naturale divertimento (sempre parlandone a grandi linee, si intende), lo stesso soggetto che oggi in autobus cede il posto ad un anziano, che in strada si ferma col rosso, che restituisce ciò che chiede in prestito, ….

In ciascuno dei tre casi esaminati siamo tenuti al rispetto delle idee altrui, giusto, ma nulla toglie che l’ultimo esempio di critica sia il solo meritevole di considerazione e di risposta, fermo restando ovviamente che l’idea del critico non sarà sempre in sintonia col nostro pensiero, anche perché ognuna delle parti ha un bagaglio di esperienze e sensibilità che differiscono.

Sia che la critica ci approvi, sia che essa ci metta in discussione, ciò che da ambo le parti trasparirà saranno un rispettoso confronto e la volontà di un reciproco contributo.

Criticare a sproposito fa parte degli atteggiamenti innati dell’uomo, ma nel tempo dei mass media si trasforma in una vera e propria moda, un’espressione del conformismo e del dissennato piacere di offendere qualcuno nel tipico anonimato offerto da internet.

In questo contesto il bambino, che nascondeva la mano dopo aver lanciato il sasso, trova pane per i suoi denti e torna al facile atteggiamento intriso di viltà, ma ora con responsabilità e conseguenze evidentemente ben più grandi.

Cordialità, invece, va a tutti coloro che approcciano le tematiche del doppiaggio con discrezione e voglia di imparare da questa riscoperta arte cinematografica.

Invidiare con ostilità una persona di successo non è mai un atteggiamento sano o intelligente.

La possiamo ammirare magari, ispirarci ad essa, ma non certo nutrire dei sentimenti di avversità o antipatia quasi fosse un principio.

Tutti, chi più e chi meno, abbiamo piccole e grandi delusioni dalla vita, ma non per questo possiamo prendercela con gli altri, ancor meno se non ci fanno alcun torto.

Oltre a ciò, siamo così sicuri che l’altro sia immeritevole della propria carriera?

Chi ci ha nominato suo giudice? E chi ci autorizza ad arrivare ad un livello così personale? Nessuno evidentemente.

Si fa un gran parlare di dignità e valori trasmessici da genitori e nonni e invece poi, quando sia messi alla prova nel concreto, magari ci diamo alle più facili contraddizioni.

I principi non conoscono differenze sociali, sessuali, religiose,  accademiche, etc, bensì fanno appello al nostro buon senso in egual misura.

Molti attori vengono a loro volta da difficili esperienze di vita come molte persone “comuni” (scontato, eppure spesso dimenticato), ma per riservatezza non stanno certo a parlarne sulla pubblica piazza (fisica o virtuale che sia, o quantomeno non vi sono costretti.

Uno spettatore, forte del suo anonimato nella massa di utenti, è molto più protetto dal giudizio altrui e dalle pressioni che ne derivano, mentre un attore no.

L’eroe o un’umana debolezza ad un utente la perdoniamo quasi per abitudine (anche perché quell’utente potremmo essere noi), ma ad un minimo inciampo (pure umano) di un attore ci accaniamo convinti di aver capito tutto di lui e dei fatti suoi sia lavorativi che personali.

Ma eravamo lì con lui quando è sorto il problema in studio di doppiaggio? Ovviamente no;

Conosciamo davvero le dinamiche dei rapporti tra il doppiaggio e i mercati con le loro sempre più frequenti pressioni? Ovviamente no.

Da notare che il glorioso doppiaggio del passato, lo stesso a cui si rifanno i criticoni (ma solo per gli aspetti a loro più comodi), è lo stesso doppiaggio di cui la critica si occupava assai meno di oggi e che poteva lavorare ai doppiaggi molto più in santa pace, senza troppe pressioni come ai giorni d’oggi.

Ne paghiamo forse noi utenti le conseguenze di immagine e di lavoro? Ovviamente no.

Col web la critica eccessiva e inopportuna non spopola solo come sfogo delle frustrazioni delle masse, ma anche come commercio virtuale di convenienti spazi pubblicitari adottati da siti e blog che, grazie alla propria faciloneria, attirano la maggior parte dei criticoni, i quali cosi si concentrano dandosi ottusamente ragione l’un l’altro e facendo intascare soldi ai proprietari che ovviamente ci marciano.

Ciò spiega l’attuale moda di perfetti sconosciuti (nel senso di non professionalmente formati) che da sé si improvvisano opinionisti ed elargitori di consigli (chi gli ha chiesto mai niente!) e che con spirito commerciale spaziano da un tema all’altro senza nessuna logica coerenza, ma sono per tessere una ragnatela che gli permetta di abbindolare il maggior numero di utenti possibili per aumentare le visualizzazioni e i clic al fine di guadagnare sempre di più con gli spazi pubblicitari che ospitano (alla faccia dei principi di cui parlano).

Si tratta sempre di criticoni giovani, spesso freschi di diploma o a volte perfino ancora adolescenti, che, un po’ per finta e un po’ per illusione data dal web, pretendono di impartire lezioni a persone più mature di loro e per temi decisamente complessi per prendere certe posizioni, specie se con atteggiamento e considerazioni parziali e condite di contraddizioni, ripetizioni ed esternazioni semplicistiche, tal volta inopportune e altre volte con curiosa semi-indignazione a ruota libera.

Accumulano tanti iscritti al canale e tante visualizzazioni, ma è tutto vissuto sull’emozione e sul momento, senza qualcosa di concreto e continuativo, per la famosa rapidità con la quale naviga il pettegolezzo.

Il bene, si sa, non fa notizia, ma ciò che è negativo riempie il più dei servizi giornalistici di oggi (senza offesa al giornalismo).

Facile ricevere un click confuso, ma dura un istante.

  • Non è che al video seguano studi approfonditi con personalità del cinema e istituzioni…
  • Non è che i criticoni sommari pubblichino con tanto di S.I.A.E. ed editore volumi enciclopedici e investano in festival nazionali…
  • Non è che siano confermati dal Ministero Dell’Istruzione Pubblica e dal Capo dello Stato…
  • Non è che siano approvati da reti TV e radio nazionali…
  • Non è che vivano le arti del cinema facendo esperienza sul campo, né passano anni sui libri a tema studiando il tutto dell’argomento…
  • Non è che ricevano premi e riconoscimenti cinematografici e letterari…
  • Non è che siano in rapporti diretti con registi e produttori dei film doppiati… né conoscono personalmente gli attori stranieri, i quali, per altro, in gran parte ci stimano.

Noi addetti ai lavori, invece, queste cose le viviamo da sempre.

I criticoni ci chiamano esaltati immeritevoli della fama trasmessaci dai nostri attori originali da doppiare, ma gli attori stranieri stessi pensano il contrario e ce lo confermano, non solo facendosi ancora doppiare, ma anche complimentandosi personalmente con noi per il lavoro svolto.

Sì, vi sono sporadici casi di attori e registi in antitesi col doppiaggio, ma molti di più sono i mastri e i colleghi a nostro sostegno, un po’ in tutti i settori dello spettacolo.

La diversità tra scuole di pensiero esiste da che mondo è mondo.

I criticoni dicono che cerchiamo pateticamente di farci conoscere sulla scia delle star straniere, quando non solo siamo già dei veri attori anche noi doppiatori, ma il ritorno di immagine è una naturale conseguenza del nostro lavoro.

Tale critica si ritorce però contro loro stessi, come sempre avviene a chi non ha le carte in regola, perché loro sì sono gente sconosciuta senza meriti artistici che vive tristemente di chiacchiere possibili solo grazie all’esistenza di noi materia prima che contestano.

Loro sì sono persone prive di qualsiasi conoscenza in campo cinematografico, eppure continuano a rendersi ridicoli per il puro piacere del pettegolezzo e del soldo facile grazie a comunissime  pubblicità nel web.

Facile avere visibilità nel web dove non servono studio e duro lavoro per parlare…

Qui nel mondo reale, però, la musica cambia e con ragione.

I loro sono discorsi partoriti da semplici pensieri di non esperti di cinema, spettatori come altri milioni al mondo, ragion per cui il loro parere ha la stessa valenza di qualsiasi utente di quelli che ne cliccano i video.

Non hanno nulla da dire oltre a quei cinque minuti allungati con lagne contraddittorie condite di rimostranze prevedibili e luoghi comuni triti e ritriti, in barba alla storia del cinema e alle molte realtà dei fenomeni culturali.

Ricordano un po’ gli studenti del liceo che fanno occupazione o autogestione e che poi ovviamente, con quell’aria da guerrieri inesperti e confusi, non concludono nulla, restando solo poi con una montagna di compiti arretrati da fare sotto la rinnovata guida dei professori decisamente più saggi (almeno i più).

Oggi la tendenza è quella a farsi grandi con niente, si ragiona e opera ormai così:

“compro una macchina fotografica moderna e mi dico fotografo” (i fotografi veri mettono l’anima, il sentimento, il vissuto,cose che portano a serietà e professionalità, all’esperienza), nonché lo studio;

“Seguo un corso di un paio di anni e subito faccio il giornalista” (i veri giornalisti non vivono di web, ma faticano e rischiano sul campo rompendosi la schiena per un servizio, fosse anche all’altro capo del mondo);

La formazione accademica ci vuole, ma poi non bisogna fermarsi al computer.

“Faccio un corso di informatica e mi improvviso tecnico del computer” (e così danneggiano i pc della gente, o fanno perdere tanto tempo e denaro spesso per niente o per poco, a volte peggiorando le cose per fino);

“Affitto un teatro modesto con gli amici e mi dico attore” (e diffondo l’idea errata secondo la quale è facile recitare. Chissà perché però poi non recito mai con grandi attori, ma dopo vent’anni sto ancora al teatrino dietro casa… -talenti invece seri che vi riescono ci sono eccome-);

Prima del mondo virtuale nel web, la concretezza della vita ci teneva maggiormente coi piedi per terra e quasi nessuno si improvvisava professionista e intenditore, perché sarebbe stato subito cacciato da ogni scuola seria, né ci avrebbe speso del denaro, o comunque avrebbe cambiato subito lavoro per non restare al verde, il che era una selezione naturale che proteggeva gli utenti da confusione e perdite di tempo di possibili cialtroni.

Nel web, invece, accade purtroppo di tutto e di più e senza un po’ di cultura si da retta a chiunque.

Tentare non è un male, sia chiaro, ma non è per tentativi che si costruisce la serietà.

Chi vuole una grande professione deve investirci tutta la vita e rischiare, o evidentemente non è la sua strada.

Il saggio Yoda in “Star Wars V” ci ricorda: “Fare o non fare, non c’è provare”, o ciò che si farà verrà male, almeno come impegno intenso e prolungato.

Nelle professioni di un tempo c’era prevalentemente umiltà e senso delle cose, non fretta, leggerezza e prepotenza come oggi.

Un tempo si veniva da generazioni che avevano conosciuto le umiliazioni della guerra e le dure lezioni del dopoguerra, ragion per cui di solito vigevano maggiormente rispetto e spirito di adattamento.

Oggi arriviamo da una società fin troppo comoda e illusoriamente sicura, quindi mentalmente pigra e arrogante, tipiche caratteristiche dell’ignoranza di spirito.

Non siamo moltissimi ad aver fatto tesoro della saggezza delle passate generazioni.

I titoli accademici e le grandi invenzioni ci hanno dato generalmente alla testa, rafforzando una visione delle cose sempre più sterile e conformista, generica e stereotipata.

I criticoni del web ricordano il classico adolescente che inizia ad esprimere il proprio io ribellandosi ai genitori e alle regole del comun vivere civile, che va poi a mettersi nei guai facendo danni e che un giorno tornerà dalla famiglia con la coda tra le gambe per aver capito qualcosa in più a furia di ricevere duri colpi da una vita priva di guida.

Tal volta si rivela necessario sbattere contro un muro per meglio imparare, è vero, ma cerchiamo almeno di non esagerare.

Non esistono solo youtuber ostinati ovviamente, altri non solo sono più moderati e rispettosi, ma a volte sono anche pro-doppiaggio.

La libera opinione è un diritto fondamentale, certamente, però occorre usare cautela per non rischiare di istigare in peggio le masse che tanto facilmente si lasciano influenzare, specie quando non devono faticare con attente analisi tecniche e socio-culturali.

Oggi certa gente vorrebbe fare la versione intellettuale della storica rivoluzione francese, ma dimenticando che quest’ultima, proprio perché intrisa di emozioni sregolate e anarchia, finì col creare il famoso periodo del terrore col quale arrivò a decapitarsi da sola, sfociando poi nella dittatura imperialista napoleonica.

Ogni altra rivoluzione, civile o culturale, ha portato del bene solo quando condotta con provato spirito di libertà e quindi interesse dell’intera collettività.

Gli spazi pubblicitari in siti e blog con scopi palesemente costruttivi e culturali sono serenamente giustificati come rimborso spese della propria attività utile per informazione e sano scambio di idee, ma in spazi web banali e volgari la pubblicità è solo l’ennesima conferma di un diverso spirito.

Non che le offese senza sponsor siano giustificate, si  intende.

La nostra attenzione, per tanto, rimane volta a quella larga maggioranza di utenti che costituiscono la parte sana di critiche e commenti, i quali sempre ringraziamo per il sereno scambio di idee e per lo stimolo alla cultura.

Approfondimenti all’articolo “doppiaggio e diseducazione

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