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Doppiaggio: come e perchéI doppiatori italiani

Il doppiaggio è un costo inutile per il cinema?

Ma la vostra categoria non rappresenta un costo in più per il cinema?
Prima di tutto facciamo notare che se così fosse, il cinema non usufruirebbe del doppiaggio.
Più la qualità e il prestigio di un lavoro aumentano, più i costi lievitano, ragion per cui i migliori corsi di doppiaggio sono onerosi, ma è normale, come in tutti i settori.
Non si ottiene un grande risultato senza grandi sforzi.
Il film è un prodotto a tutti gli effetti, quindi suscettibile di valorizzazione o deprezzamento.
Non si tratta solo di prestigio artistico, ma anche di una legge economica, logica, inevitabile per sua natura.
Costi e guadagni aumentano con l’ampliarsi del mercato che lo riguarda. Più un film è richiesto e distribuito, più passa per vari stadi evolutivi che lo valorizzano in ogni aspetto.
Non è solo alto il nostro onore di doppiatori, ma anche l’onere. Il doppiaggio esige grandissima responsabilità. Un nostro errore ha conseguenze tanto gravi quanto è prestigiosa la lavorazione, cosa che poi si ripercuote sulla nostra carriera.
Ogni buon investimento richiede sforzi e sacrifici, soprattutto a certi livelli, i quali però sono ripagati dai proventi che alla fine superano i costi iniziali, compresi quelli del doppiaggio.
Oltretutto i nostri compensi non sono dati da comuni stipendi, ma dai singoli contratti di ogni prodotto filmico ed è un sistema che si alimenta da solo, non toglie nulla agli spettatori.
Una scena doppiata ad arte viene ben retribuita, ma quella stessa scena racchiude in sé il frutto del lavoro di chi ha dedicato un’intera vita a fare solo il doppiaggio con impegno e serietà, passando il 90% del tempo nelle sale di registrazione.
Pensiamo al’industria cinematografica italiana nei soli anni Settanta, quando non solo non subì alcun arresto dal doppiaggio, ma si attestò su una media di cinquecento milioni di spettatori l’anno, più del doppio di quelli europei, per un fatturato annuo superiore ai duecento miliardi di Lire e una produzione filmica di circa duecentocinquanta pellicole, considerando quelle altrettanto numerose di importazione per coprire il fabbisogno nazionale.
Gli italiani continuarono a frequentare i cinema, rifiutandosi di andarci per i film con le didascalie che si intendeva riproporre al posto del doppiato.
Il doppiaggio quindi contribuisce da sempre al dinamismo dell’economia, tanto nazionale quanto internazionale, muovendo un mercato che raggiunge cifre notevoli.
Con l’attuale crisi economica questo suo contributo è più prezioso che mai.
Senza contare che il mercato italiano stesso ha una forte richiesta di doppiaggio dal pubblico che ne usufruisce per i motivi più disparati: ben il 90% degli utenti.

Allora la critica di grandi nomi come Pasolini o Antonioni?
In ogni cosa la vita presenta sempre l’opinione opposta, come normale e giusto che sia.
Antonioni condusse un’inchiesta sulla rivista “Cinema” per screditare e demolire il doppiaggio, ma i sondaggi ne smentirono la posizione agguerrita.
Il pubblico rimase dalla parte dei doppiatori.
Molti altri maestri del tempo erano a favore del doppiaggio, come Vittorio Gasman, Alberto Sordi e Federico Fellini.
Quest’ultimo disse: “Nei miei film il rumore di passi non c’è mai. Tutti i rumori marginali, se non servono davvero al film e la cosa avviene solo eccezionalmente, vanno eliminati o si rischia di disturbare.
E’ lo spettatore che deve aggiungere se crede, anche per questo non potrei fare a meno del doppiaggio. Anche le voci che in genere restano a uno stadio neutro nella presa diretta, con il doppiaggio possono essere manipolate, esaltate, magari aggiungendo un vago accento esotico che conferisce autorevolezza o innocenza”.

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