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I doppiatori italiani

Capitolo 8: Il boom economico

L’Italia del 1958 si trovava nella maggiore fase produttiva della sua storia per soddisfare una domanda sempre crescente di beni di consumo, a cui ora gran parte degli italiani poteva accedere.
Il 1960 fu un anno importante per la produzione cinematografica nazionale, che riconquistò una posizione di primo piano nello scenario mondiale grazie a capolavori come “Rocco e i suoi fratelli” col quale Luchino Visconti mostrò l’altra faccia di un boom economico che permetteva alla disoccupazione di scendere e al tenore di vita di salire.
Dal tempo della guerra i salari erano più che raddoppiati. La vita non era mai stata così piena di comodità e lussi e i sogni non erano più solo desideri. Si viveva il benessere con spensieratezza, certi di un domani ormai prospero, tutto al prezzo della disgregazione famigliare e sociale.
Uno dei capolavori del momento prodotto dal cinema italiano fu “il gattopardo”, il cui doppiaggio fu diretto da Mario Maldesi e che vide fra le protagoniste una straordinaria Claudia Cardinale, doppiata per l’occasione da Solveig D’assunta (voce di Sally Spectra in “Beautiful”). Ciò avvenne per le particolari inflessioni siciliane richieste dal personaggio.
La Cardinale già ne (la ragazza di Bube) ebbe problemi a auto doppiarsi, aiutata in questo dalla Cappellini.
Il suoi problemi tuttavia non erano di dizione, né di timbro di voce, ma principalmente di ansia che rendeva l’attrice incerta. Ciò era dovuto alla non accettazione della propria voce e al timore di non saper mantenere il sincronismo col movimento delle labbra.
Alla fine Claudia Cardinale riuscì a pieno merito nell’impresa, vincendo il nastro d’argento.
Il suo auto doppiaggio si sarebbe ripetuto in film come “Il magnifico cornuto” e “Gli indifferenti”.
Nel 1967Damiano Damiani affidò ancora una volta alla Cardinale il ruolo di siciliana, quello di (Rosa Nicolosi) in “Il giorno della civetta” per il doppiaggio della CDC.
La voce scelta ad interpretarla fu di Rita Savagnone, alla quale venne chiesto di caricare i toni e rendere la voce più roca, avvicinandosi in tal modo ai timbri dell’attrice.
Tra il 58 e il 62 il boom economico, e le immagini di vita trasmesse dal cinema portarono ad un ribaltamento nelle preferenze degli italiani.
La crescita costante nella produzione industriale determinò un incremento del prodotto interno lordo, a cui si legava in maniera direttamente proporzionale il desiderio delle grandi masse di possedere una casa, nella quale dovevano necessariamente essere presenti: un frigorifero, un televisore, una lucidatrice e possibilmente un posto macchina.
Nacque la voglia di turismo, col quale diventavano accessibili nuovi orizzonti ambientali e sociali, insieme alla voglia di svaghi e divertimenti, attraverso i quali trovare evasione e riposo dal lavoro necessario al paese.
Tutti i settori produttivi e culturali risentirono del clima di ottimismo che si respirava.

Anche il cinema fu protagonista del momento favorevole quando alcune scelte politiche gli permisero di liberarsi dalla censura, che impediva di trattare in modo credibile temi come sesso, fascino, guerra di resistenza e divorzio.
Era il vento portato della sinistra socialista all’area di governo dove aveva sempre albergato dalla fine della guerra la democrazia cristiana.
La situazione poteva dare mano all’industria cinematografica italiana, grazie anche alla presenza di giovani e geniali soggettisti, sceneggiatori e registi, come Flaiano, Scarpelli, Zavattini, fondato, benvenuti, Marchesi, Monicelli, Rossellini, Visconti, De Sica, Antonioni, Pasolini, Fellini, ….
Dal canto suo l’industria cinematografica statunitense visse proprio in questi anni una fase produttiva non brillante per una crisi di originalità e una stanchezza degli attori più in vista.
Le sue opere tuttavia continuavano a invadere l’Europa, insieme a quelle del cinema inglese.
La Germania invece, ormai divisa dalle potenze vincitrici, era ancora in fase di ripresa dalla guerra, mentre dalla Russia spuntò la nuova stella Andreij Tarkovskij, che arrivò al ventitreesimo Festival di Venezia con “l’infanzia di Ivan” per la sincronizzazione della CID.
Altri film che parteciparono alla manifestazione furono: “il capitano Cholin” vincitore del leone d’oro, “Cronaca famigliare” con Marcello Mastroianni.
Era un cinema d’alta qualità, ma che non poteva coprire il fabbisogno delle oltre diecimila sale di proiezione sul territorio italiano, né offrire alle società di doppiaggio in concorrenza gli spazi per lavorare in tranquillità.
Un cinema quello europeo con personaggi che solo in pochi sapevano raccontare il disagio profondo dei paesi industrializzati.
La produzione italiana rispose bene alla crescente domanda di film, trovando nel filone storico mitologico la giusta risposta per gli esercenti, le maestranze dei vari studi cinematografici e gli attori delle società di doppiaggio, i quali potevano contare su un numero consistente di personaggi da doppiare per ogni pellicola, benché i dialoghi fossero ridotti al minimo per dare spazio a lunghe cavalcate, noiosi balletti e estenuanti scontri fisici che cercavano di ravvivare scene poco credibili.
Girati all’aperto a costi in genere contenuti, questi film venivano realizzati senza sonoro. I dialoghi erano riprodotti in sala di sincronizzazione con gran fatica degli addetti ai lavori.
Dopo “le fatiche di Ercole”, campione di incassi nel 1957, il genere esplose, raggiungendo la massima espansione nel 1961 con trentuno pellicole realizzate, di cui due dedicate solo a Ercole e cinque a Maciste. Quest’ultimo catturò le preferenze degli italiani, i cui svaghi si colmarono sempre con gli stessi muscoli di Steve Reeves, Gordon Scott, Reg Park, Mark Forest, Brad Harrys e Gordon Mitchell, che riuscivano a vestire con disinvoltura anche i panni di Sansone, Golia, gladiatori e personaggi storici sempre super dotati.
In “gli ultimi giorni di Pompei” reves aveva la voce di Cigoli e Fernando Rey quella di Giorgio Capecchi.
In Italia furono tanti a voler sfruttare il momento favorevole, ma i loro muscoli non potevano reggere il confronto con quelli dei culturisti d’oltre oceano. Essi potevano sperare in parti secondarie, fermo restando lo stridente contrasto con i corpi scultorei degli americani, i quali godevano di palestre moderne e alimentazioni al limite del lecito.
In questi anni ebbe inizio il nuovo filone del sexy e gli italiani accorsero numerosi ad assistere agli spogliarelli negati in patria, puntando finalmente gli occhi sulle peccaminose notti del mondo, notti piene di donne proibite libere da ogni tabù.
Da un giorno all’altro molti registi si scopersero documentaristi, i quali confezionarono pellicole a bassissimo costo con una sola voce narrante che risolveva il problema della post-sincronizzazione.
Il capostipite dei narratori del genere fu Corrado Mantoni, con altri al seguito come: Gino Bramieri, Stefano Sinibaldi, Riccardo Cucciolla, Alberto Lupo, Nando Gazzolo, Emilio Cigoli, Renato Izzo, Ferruccio Amendola, Oreste Lionello.
Vennero realizzati nel periodo anche documentari di qualità come “concilio ecumenico Vaticano 2°”, “Gott mit uns”, “la lunga marcia per Pekino”, “processo a Stalin”, “Dagli zar alla bandiera rossa”, “Settimo parallelo”.
Le società di doppiaggio non potevano essere soddisfatte dalla massiccia produzione di film-documentario, né trovavano nelle pellicole italiane d’autore la possibilità di coinvolgere tanti doppiatori, dato che gli interpreti non erano un numero sufficiente e molti dei quali si auto doppiavano.
Il lievitare continuo dei costi rese sempre più necessarie le coproduzioni con le maestranze estere rappresentò per i doppiatori professionisti una vera fortuna.
Nel 1958 le pellicole italiane furono 137 e nel 1962, massimo dell’espansione economica, ne uscirono 246, portando il numero dei film di importazione a scendere a 283 con beneficio per la bilancia dei pagamenti dello stato.
Ciò portò inevitabilmente ad un periodo di crisi per gli stabilimenti di doppiaggio, crisi che nonostante il boom iniziale cominciò a serpeggiare anche in altri settori.

Nel 1962 Dino Risi produsse con “il sorpasso” il film simbolo della commedia all’italiana che più di ogni altro genere rappresentò la produzione cinematografica italiana del benessere, passando per tutte le fasi del boom economico in titoli come “Femmine di lusso” del 1960 di Giorgio Bianchi, dove Massimo Serato fu doppiato da Locchi, Silva Coscina da Dimeo, Caprice Chantal da Calavetta, Ivan Desni da Cigoli e Belinda Lee da Simoneschi.
Nel 1963 l’economia italiana in espansione da cinque anni si arrestò. Il periodo del benessere ottenuto con grandi sacrifici dava segni di cedimento. Gli utili dell’imprenditoria industriale, invece di finire reinvestiti in naturale sbocco, iniziarono a prendere il largo per i paradisi fiscali attraverso l’esportazione clandestina.
La CDC, la maggiore tra le organizzazioni di doppiaggio operanti in Italia, fin dai primordi intendeva garantire ai suoi iscritti un lavoro minimo mensile, attraverso la distribuzione di sei turni di doppiaggio. Ciò andava soprattutto a beneficio degli attori nella categoria D, i quali erano spesso coinvolti in una giornata di lavoro (tre turni per nove ore) solo per recitare nel brusio di scene di massa, corrispondenti a pochi minuti effettivi in sala.
Quasi tutti questi artisti facevano parte della cooperativa dai tempi della sua fondazione e diversi di loro avevano lavorato nelle poche organizzazioni di doppiaggio sorte prima del secondo conflitto mondiale.
Si trattava di doppiatori che non avevano mai avuto la soddisfazione di prestare la propria voce a protagonisti o comprimari, ma che avevano comunque contribuito a rendere credibili le centinaia di film stranieri che avevano invaso l’Italia nel dopoguerra.
Erano invecchiati nelle sale di doppiaggio, ma ora si rivelarono alla CDC ingombranti.
Presso le concorrenti CID e SAS, con struttura più agile di appena una ventina di iscritti, dava a questi una precedenza non condizionante al momento della distribuzione delle voci, facendo appello all’occorrenza ad un numero assai variabile di aderenti.
La CDC, che accusò una’importante riduzione del fatturato a causa della concorrenza, non era più in grado di garantire la sua politica di assistenza per i soci più deboli, per altro i più anziani.
Fu quindi necessario uno snellimento dell’organico nella speranza di sopravvivere alla crisi all’orizzonte.
La CID si aggiudicò il doppiaggio di gran parte della produzione filmica italiana e della SAS, che copriva soprattutto la fascia di film a basso costo.
Nel 63 la CDC convocò l’assemblea dei soci, col risultato finale di abolire la categoria D e svoltire le B e C, di inserire qualche nome nuovo tra i direttori di doppiaggio e gli attori e di evolvere da cooperativa a società, il cui acronimo CDC significò da allora in poi Compagnia Doppiatori Cinematografici.
Il nuovo consiglio di amministrazione della neonata società decretò il sacrificio di una trentina di attori della categoria D, anche se non tutti lasciarono l’organizzazione per ragioni strettamente legati alla crisi. Alcuni decisero infatti di andare in pensione o passare ad altri studi.
Diversi doppiatori salirono di livello dalle categorie inferiori, come Ferruccio Amendola che passò alla B, mentre altri vennero riconfermati nella C come Oreste Lionello e Aleardo Ward.
Nelle categoria A passarono artisti come Nino Camarda (padre della futura voce di E.T.) e il consiglio della nuova società chiamò il direttore Mario Maldesi della CID a farne parte.
Per Gino Cervi, Alberto Sordi e Paolo stoppa non occorsero riconferme e mantennero la loro qualifica di soci onorari.
Neroni decise di uscire di scena, nonostante i tentativi di recupero della CDC, mentre vennero promossi direttori Emilio Cigoli e Lydia Simoneschi.
Molti dei grandi nomi abbandonarono definitivamente l’attività, segnando il tramonto del periodo d’oro del doppiaggio.
In questa fase di sconvolgimenti i vertici della società decisero di inserire ufficialmente tra i collaboratori i bambini, alcuni dei quali sarebbero presto diventati i protagonisti delle sale.
Tra di essi vi furono: Claudio Capone (futura voce nei documentari di Quark), Sandro Acervo, Roberto Chevalier (futura voce di Tom Cruise), Loretta Goggi, Massimo Giuliani, Daniele Lolli, Pasanisi Rita e Isabella, Liliano Sorrentino.
In questi anni western era di gran moda e Sergio Leone riuscì con i suoi film a conquistare il nostro pubblico, il quale rimase positivamente colpito, più che dalle pellicole americane.
Il regista affidò quasi sempre il doppiaggio dei suoi strepitosi western all’italiana a Lauro Gazzolo.

(brano realizzato in collaborazione con il Prof. Gerardo Di Cola)

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